di Lorenzo Menichini
Con la nomina da parte di Camera e Senato dei nuovi consiglieri d’amministrazione Rai – Alessandro Di Majo, Federica Frangi, Antonio Marano e Roberto Natale – entra nel vivo il dibattito sulla governance del servizio pubblico radiotelevisivo.
Il voto in Parlamento ha spaccato il “campo largo”, con M5s e Avs che hanno partecipato, eleggendo i due consiglieri in quota opposizione, mentre il Pd, insieme a IV e Azione, si è astenuto.
“Non ha senso rinnovare un consiglio di amministrazione che è già in scadenza perché è entrata in vigore una norma europea, il Media Freedom Act, che chiede finalmente che il servizio pubblico sia indipendente dalla politica dei partiti insieme alle altre opposizioni. […] non ci interessa parlare di nomine se non facciamo prima la riforma”, ha dichiarato la segretaria dem Elly Schlein, giustificando la scelta del partito.
Cosa dice il Media Freedom Act
Schlein fa riferimento alla nuova legislazione europea, l’European Media Freedom Act, appunto, approvata in aprile e che andrà recepita dall’Italia entro il 2025.
L’atto, volto a garantire la libertà e il pluralismo dei media nell’unione, prevede nel suo articolo quinto che i media fornitori di servizio pubblico degli stati membri siano indipendenti dal punto di vista editoriale e funzionale, e che indipendenti siano i suoi dirigenti. In particolare, riguardo alle nomine di questi ultimi, l’atto stabilisce che:
“Il direttore o i membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico sono nominati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale. La durata del loro mandato è sufficiente a garantire l’effettiva indipendenza dei fornitori di media di servizio pubblico”. (European Media Freedom Act, art.5).
La disposizione, di fatto, mette fuori legge la governance della Rai per come funziona ora, e implica il ripensamento dell’intero processo di nomina del suo consiglio d’amministrazione e dei suoi vertici.
Si parte il primo ottobre
Anche la maggioranza di governo ha recepito la necessità di un cambiamento, annunciando, tramite il presidente dell’ottava commissione Claudio Fazzone (nella foto, Ansa), senatore di Forza Italia dal 2006, che il primo ottobre si incardineranno al Senato tutti i disegni di legge riguardanti la riforma Rai.
Ma in quale direzione si andrà, considerando gli interessi divergenti della maggioranza e di un’opposizione spaccata?
Le uniche proposte, per ora, provengono dall’opposizione. Il Movimento 5 Stelle ha in calendario per fine ottobre due giorni di dibattito a Montecitorio (gli “Stati Generali della Rai”) per discutere del tema, ma intanto i pentastellati in commissione di vigilanza con la presidente Barabra Florida fanno sapere di aver depositato alle camere una proposta di legge.
I punti cardine: eliminare le nomine governative dal CdA, coinvolgere nelle nomine l’AGCOM e introdurre uno strumento di sorteggio, rimettere la nomina del presidente al Capo dello Stato, impedire la candidatura di ex membri del governo, del parlamento o dei consigli regionali.
Si chiariranno nei prossimi giorni le posizioni delle altre forze d’opposizione. Azione propone da tempo che la Rai venga messa sotto la gestione di una fondazione di nomina non politica, e che venga abolita la Commissione di Vigilanza. AVS aveva invece presentato l’anno scorso una proposta che prevedeva la soppressione della Commissione per far spazio a un Consiglio di garanzia (che a sua volta avrebbe espresso il CdA), composto da membri di nomina politica e della società civile.
Si introduce nel dibattito anche l’Associazione Articolo Quinto, nata proprio in seguito all’approvazione della nuova legge europea (e al cui articolo cardine fa riferimento nel nome), presieduta da Stefano Balassone, già consigliere d’amministrazione Rai e vicedirettore di RaiTre.
Lo scorso 19 settembre l’Associazione si è riunita a Roma in un convegno in cui discutere di idee e proposte per la riforma del servizio pubblico. Presenti anche alcuni esponenti ed ex esponenti politici, dirigenti Rai del presente e del passato e accademici. I due pilastri del dibattito: una nuova governance e una nuova mission per la Rai. Mentre sulla seconda rimangono dubbi e divergenze, sembra invece chiara la proposta dell’associazione sulla prima. Un modello ispirato a quello britannico della BBC, con nomine del CdA che siano sfasate nella durata (così da non scadere tutte insieme) e con fonti di nomina monocratiche assortite tra le varie istituzioni della Repubblica (senza che i nominati scadano insieme alla fonte nominante).
Stesso sistema si applicherebbe all’AGCOM, autorità che soffre di uguale dipendenza dalla politica. Un metodo, questo, per superare il simul stabunt, simul cadent che vincola inevitabilmente la Rai alla lottizzazione.
Se queste proposte avranno un seguito, nel dibattito pubblico o in quello parlamentare, lo si vedrà nelle prossime settimane, quando la politica si addentrerà nella discussione di una riforma non più rimandabile. Intanto Balassone con Articolo Quinto va avanti ad organizzare riunioni sul tema cercando di sensibilizzare interlocutori che hanno a cuore il futuro dell’informazione e della democrazia.
Fonte: primaonline.it