La Rai, come ogni azienda mediale di Servizio Pubblico della UE, è presa in contropiede a due livelli: A) dinamiche di ordine globale; B) crisi specifiche delle imprese editoriali:
- nell’ordine mondiale si sono imposti nuovi baricentri dello sviluppo e nessuno dei 27 Stati è in grado di fronteggiare autonomamente l’intreccio di logiche di guerra, costo dell’energia, crisi di prodotto (come l’automotive termico), dissaldatura atlantica. La scala continentale è l’unica all’altezza dei problemi.
- Le imprese editoriali europee devono cambiare orizzonte e scala perché da lillipuziani nazionali non possono che ulteriormente rinsecchire a causa del drenaggio annuale di centinaia di miliardi di ricavi di pubblicità mirata, estratta dalle compagnie tecnologiche USA. Da qui, ad esempio, la crisi del Duopolio RAI Mediaset come struttura di possesso del mercato nazionale.
Da qui la necessità che attorno ai media a stampa e radiotelevisivi pubblici e privati, si apra una fase di analisi, riflessione e ragionamento che alimenti il confronto delle opinioni e la ricerca di soluzioni adeguate e il più possibile condivise.
Pr la Rai la sfida sta nell’uscire da un assetto che destina risorse enormi a ruoli ridondanti per riorganizzarle secondo le priorità di un’Impresa editoriale pubblica con obiettivi di sistema. Riassumibili in cinque linee:
- garanzia di un adeguato “spazio del discorso pubblico”, separato per legge e disponibilità di autonome strutture dal potere politico, industriale e finanziario ed attraente sia per il consumo tradizionale che per il “pubblico audiovisivo”, essenzialmente giovane e giovane adulto, di tablet, smartphone e PC
- sviluppo della coscienza di sé del popolo italiano e dell’insieme dei popoli dell’Unione, a partire dai propri interessi culturali, economici, politici globali e circonvicini;
- sviluppo dell’alfabetizzazione digitale e, in competizione con gli incumbent attuali, dell’industria dei dati basata su searching, streaming, social, intelligenza automatica generativa e nel contempo allestimento e elaborazione di infrastrutture di memorie e trattamento dati a presidio del senso di realtà nel flusso informativo;
- valorizzazione delle capacità educative, informative, narrative e in genere performative di spettacolo, compresa la funzione di riferimento editoriale per la produzione indipendente continentale e l’effetto di volano per la piattaforma creativa e produttiva nazionale;
- costruzioni di rapporti organici ad ogni livello e in ogni campo con i Servizi Pubblici a partire dalla valorizzazione della immensa massa di contenuti che nei 27 Paesi viene prodotta giornalmente anche attraverso iniziative tecniche comuni in campo social.
Indipendenza e Missione
Le procedure di nomina del Board dice il Regolamento UE, ne debbono garantire “l’indipendenza in senso funzionale ed editoriale”. Per la Rai significa:
- superamento della lottizzazione, versione deformata e deformante della “centralità del Parlamento”;
- concreta possibilità di:
– imparzialità e autorevolezza (sicuramente assenti nella comunicazione frammentata e largamente automatizzata e anonima dei social attuali) capace di perforare le autoreferenze dissociative di bolle e bollicine.
– sviluppo aziendale autonomo, ma monitorabile e adattabile in funzione delle mutevolezze del quadro strategico globale e delle priorità dell’Italia e dell’Unione.
– piena responsabilità nel modellare e guidare, senza vincoli predeterminati, l’organizzazione dell’azienda.
Missione
La Missione è in primo luogo un messaggio rivolto alla pubblica opinione da coinvolgere con consultazioni non rituali. Pertanto richiede:
- chiarezza e sintesi dell’enunciazione, e non le 405 parole inserite nell’atto di Concessione, che riecheggia l’accozzaglia di obblighi di una legge (il Testo Unico) inseguita a sua volta dagli esercizi letterari dei Contratti di Servizio;
- semplificazione procedurale e concretezza applicativa degli accordi di attuazione:
– non imposti, ma negoziati fra l’Impresa e il Governo;
– controllati dall’Autorità di sistema in fase istruttoria e di attuazione.